Le Olimpiadi di Tokyo sono state un’esperienza unica per lo sport italiano. Un’avventura di poco più di due settimane, piene di successi meritatissimi e trionfi inaspettati. È stato un momento di esaltazione del talento azzurro in diverse discipline, a partire dall’atletica leggera che ha portato cinque ori.
Al fianco dei campioni italiani ci sono stati altri atleti eccellenti che hanno brillato ai Giochi, battendo record su record: dalla venezuelana Yulimar Rojas, che con il suo salto triplo è andata oltre ogni primato mondiale, al nuotatore statunitense Caled Dressel che ha stabilito il nuovo record nei 100 metri farfalla; dal record di sollevamento pesi del georgiano Lasha Talakhadze al quartetto azzurro dell’inseguimento a squadre, giusto per citarne alcuni.
Non c’è solo il talento individuale o il lavoro di squadra a guidare i successi. La tecnologia è il primo alleato degli atleti.
Dopo l’oro conquistato da Marcell Jacobs nei 100 metri i social si sono popolati di video del campione nativo di El Paso, Texas, durante gli allenamenti dietro lo Scudo Aerodinamico studiato dall’Istituto di Scienza dello Sport del Coni.
«Riducendo drasticamente la resistenza aerodinamica all’avanzamento, tale scudo permette agli atleti di correre in scia dietro a un’autovettura a velocità superiori a quelle di gara, incidendo sulla sovrastimolazione neuro muscolare. Il dispositivo è stato strumentato con barre optoelettroniche, telecamere miniaturizzate, sensore per la misura della velocità e indicatore laser. Uno strumento utile per potenziare il corridore nel modo più specifico possibile e per addestrarlo a un assetto tecnico adatto per lo sviluppo di elevate velocità», fanno sapere dal Coni.
Olimpiadi e tecnologia sono, da sempre, un binomio solidissimo, e quello dello Scudo è solo un esempio di come la giusta spinta dell’innovazione possa diventare decisiva, soprattutto a certi livelli, dove la differenza tra un oro e un semplice piazzamento si gioca sui dettagli infinitesimali.
Nell’atletica l’attenzione di molti osservatori si è concentrata soprattutto su due elementi: la pista e le scarpe. Come accade da anni, l’azienda piemontese Mondo è fornitore ufficiale ai Giochi olimpici dei pavimenti gommati utilizzati per le piste di atletica. E a Tokyo la superficie su cui sprintano i corridori è la più veloce di sempre.
«Il processo 2-Phase Vulcanization – fanno sapere dall’azienda piemontese – incorpora nello strato superficiale di Mondotrack WS una rete tridimensionale di granuli prevulcanizzati che aumenta in modo significativo la risposta elastica della superficie e assicura uniformità di risposta dinamica su tutta la pista. Minimizza la necessità di regolazione della postura durante la corsa e si traduce in una diminuzione della fatica. Inoltre permette all’atleta di raggiungere con facilità il massimo della propria performance, garantendo un maggiore controllo sulla lunghezza del passo e sui movimenti».
Inoltre, lo strato inferiore della pista è stato ideato con una tecnologia particolare che fornisce una perfetta combinazione di ammortizzazione, immagazzinamento e ritorno di energia, riducendo l’intervallo di tempo che l’atleta in corsa utilizza per compiere il movimento di rolling del piede: quando il piede dell’atleta impatta la superficie, le celle piene d’aria si comprimono, assorbendo forza di impatto e vibrazioni, e convertendo la massima quantità di energia cinetica in energia immagazzinata. Quindi non appena il piede lascia la superficie, l’aria compressa induce le celle a tornare alla loro forma originale, proiettando l’atleta in alto e in avanti.
E questo gli atleti lo sentono in gara: «Puoi sentire il rimbalzo», ha detto Sydney McLaughlin, che con il tempo di 51”46 ha vinto i 400 metri ostacoli femminili e ha fissato il nuovo record del mondo. «Alcune piste assorbono il tuo movimento, questa invece lo rigenera e te lo restituisce», ha aggiunto.
Nella finale dei 400 ostacoli maschile, il norvegese Karsten Warholm ha fermato il cronometro a 45’’94, l’americano Rai Benjamin, medaglia d’argento, a 46’’17, e Alison dos Santos, bronzo, a 46’’72. Tre atleti sotto il vecchio e storico record mondiale di Kevin Young (46’’78) che resisteva dal 1992. Non può essere un caso. Oppure sì, ma decisamente singolare.
Il Financial Times individua anche un altro fattore potenzialmente decisivo: le scarpe. Nel 2016 Nike ha introdotto calzature con piastre in fibra di carbonio, spingendo i suoi atleti sponsorizzati a record mondiali sbalorditivi nelle gare di lunga distanza. «I produttori di scarpe si sono anche affrettati a mettersi in scia di Nike. Gli ingegneri si sono affrettati a sviluppare punte e scarpe che potessero rivaleggiare con i prodotti Nike, vale a dire il suo VaporFly 4%, così chiamato perché l’azienda afferma che migliora le prestazioni di quel valore», si legge sul quotidiano britannico.
Il ritardo di un anno ai Giochi ha conferito un vantaggio non da poco alle aziende concorrenti, offrendo loro 12 mesi in più per perfezionare i loro prodotti. I già citati Karsten Warholm e Sydney McLaughlin, ad esempio, hanno corso con scarpe Puma e New Balance, dimostrando che l’equilibrio competitivo sia più o meno ristabilito.
In generale, le nuove calzature chiodate usate dai velocisti hanno una piastra di carbonio più larga della pianta del piede, in modo da ampliare la superficie di contatto e consentire un miglior equilibrio nei primi appoggi, migliorando l’accelerazione nei primi 30-40 metri di corsa. E per la federazione internazionale non c’è nulla di irregolare.
Ci sono tanti altri esempi di come la tecnologia ha aiutato gli atleti a Tokyo a performare al meglio – ad esempio l’azienda romagnola Technogym ha confermato la partnership con il Cio per l’ottava partecipazione ai Giochi e ha allestito i centri di allenamento presenti in Giappone – ma una delle più singolari è quella di cui si sono serviti alcuni nuotatori cinesi.
Una premessa, sui risultati della Cina nel nuoto alle Olimpiadi appena concluse: la 23enne Zhang Yufei ha vinto l’oro nei 200 metri farfalla femminili, l’argento nei 100 e l’oro con la staffetta 4×200 metri stile libero. Wang Shun ha vinto l’oro nei 200 metri misti maschili. Li Bingjie ha portato a casa il bronzo nei 400 metri stile libero femminili. Le aspettative erano alte, e i risultati sono arrivati.
Il miglioramento delle prestazioni cinesi trovano la loro origine lontano dalle piscine, nei centri specializzati della China Aerospace Science and Technology Corporation (Casc). La nuotata di Zhang Yufei, ad esempio, è stata sottoposta a una attenta analisi in una galleria del vento che fa parte del sistema di guida missilistica del Casc.
Lo riporta Abc News: «Attraverso l’analisi dei dati abbiamo aiutato gli atleti a formulare programmi di allenamento in modo scientifico. Abbiamo fornito un supporto scientifico per migliorare le prestazioni. Il sistema può ottenere molte informazioni: la postura degli atleti, velocità, la velocità angolare, l’accelerazione, durante l’allenamento».
Ogni minimo movimento di un atleta viene vivisezionato, scomposto e analizzato. Da lì passano i miglioramenti dei tempi e delle performance. Certo, i tempi di oggi sono sicuramente viziati dalle innovazioni di cui non hanno potuto beneficiare gli atleti di 30, 20 o anche solo 10 anni fa.
Ma fa parte del gioco, e dei Giochi. D’altronde 85 anni fa, a Berlino, Jesse Owens fu il primo a indossare le nuove scarpe chiodate, appositamente studiate e create da adidas per l’atletica leggera: uscì dall’Olympiastadion con quattro medaglie d’oro al collo e la consapevolezza di aver appena scritto una pagina indimenticabile della storia olimpica.
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